Lavoro in nero: rischi, denuncia e “farsi pagare”
26 Aprile 2023 Contributi previdenzialiDenuncia lavoroDiritti lavoratoriLavoro in neroRischi legali
Il lavoro irregolare (comunemente definito “lavoro in nero”) rappresenta storicamente un grosso problema per il nostro paese, dal punto di vista economico e sociale.
Le statistiche parlano chiaro: secondo uno studio condotto da Confartigianato, il lavoro sommerso costituisce l’11,3 % del nostro PIL per un valore di 202,9 miliardi di euro, prodotto da 3,2 milioni di lavoratori senza un contratto regolare. Il fenomeno non sembra essere destinato a ridursi, con preoccupanti incrementi stagionali legati all’assunzione di individui durante il periodo estivo, soprattutto in località turistiche.
Spieghiamo quindi nel dettaglio quali sono le conseguenze legali a cui devono andare incontro lavoratori e datori di lavoro che utilizzano questo tipo di rapporto professionale.
Cosa rischia chi lavora (o fornisce lavoro) in nero?
Lavorare in nero pone degli importanti rischi per entrambi le parti coinvolte sotto diversi punti di vista. Iniziamo dai pericoli per i datori di lavoro.
Lavoro in nero: cosa rischia il datore di lavoro
Ogni datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare la comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 9-bis del D.L. n. 510/1996, che deve essere comunicata entro il giorno prima dell’inizio effettivo del rapporto.
Nel caso in cui venga accertato che un imprenditore abbia stretto un rapporto di lavoro con un dipendente senza aver comunicato l’assunzione, il datore può ricevere una maxisanzione di diverse migliaia di euro.
Nello specifico, l’importo della sanzione è:
- tra 1800€ e 10800€ per ogni lavoratore irregolare, nel caso in cui il rapporto lavorativo sia iniziato da meno di 30 giorni;
- tra 3600€ a 21600€ per ogni lavoratore irregolare, nel caso in cui il rapporto di lavoro irregolare sia iniziato da 31 a 60 giorni;
- tra 7200€ e 43200€ per ogni lavoratore irregolare, nel caso in cui il rapporto di lavoro sia iniziato da più di 61 giorni.
L’importo della sanzione aumenta inoltre del 20% nel caso in cui il lavoratore sia:
- straniero (art. 22, comma 12, del D.Lgs. n. 286/1998);
- minore in età non lavorativa (che non può far valere 10 anni di scuola dell’obbligo e/o 16 anni);
- percettore del reddito di cittadinanza (D.L. n. 4/2019).
Nel 2019, il Governo ha inoltre deciso di penalizzare ulteriormente gli imprenditori già colpevoli di questo reato, portando l’aumento della sanzione dal 20% al 40% nel caso in cui il datore sia già stato destinatario di sanzioni amministrative o penali negli ultimi 3 anni. L’unico caso in cui la maxisanzione non è applicabile riguarda il settore domestico.
Oltre alle salatissime sanzioni previste, il datore di lavoro dovrà inoltre versare i contributi non corrisposti e pagare le sanzioni relative anche a questo tipo di reato.
Nel caso in cui la percentuale di lavoratori irregolari superi il 10%, l’Ispettorato del Lavoro ha infine diritto ad applicare una sospensione della parte di attività imprenditoriale interessata. Durante questo periodo di sospensione è anche vietato contrarre appalti di ogni tipo con la Pubblica Amministrazione e le altre stazioni appaltanti.
Lavoro in nero: cosa rischia il lavoratore
Anche il lavoratore è soggetto a rischi di diversa entità, legati all’assenza di un contratto regolare o a eventuali sussidi ricevuti durante il rapporto di lavoro irregolare.
Oltre a una serie di conseguenze legate al mancato versamento dei contributi previdenziali, un dipendente in nero può essere soggetto a multe piuttosto salate nel caso in cui percepisca contributi di qualsiasi tipo mentre svolge attività lavorative non contrattualizzate.
In primis, dichiarare di essere disoccupato per percepire la NASpI rappresenta un reato di falso ideologico, che prevede un periodo di reclusione fino a 2 anni.
Se il lavoratore, oltre a dichiarare il falso, percepisce la NASPI ed effettua prestazione di lavoro in nero, si configura inoltre il reato penale di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, con la reclusione da 6 a 12 mesi. In caso di somma inferiore ai 4.000€, la pena si trasforma in una multa con un minimo di 5.164€ e un massimo di 25.822€.
La reclusione è prevista anche nel caso in cui il dipendente irregolare fornisca dichiarazioni non vere e/o documenti falsi per ottenere il Reddito di Cittadinanza. In questo caso, la pena detentiva è compresa tra i 2 ed i 6 anni. Se invece il lavoratore non informa le autorità competenti di variazioni di reddito o di circostanze che porterebbero alla revoca o alla riduzione del RdC, il periodo di reclusione previsto è da 1 a 3 anni.
In tutti i casi in cui il lavoratore abbia percepito dei sussidi è ovviamente previsto il rimborso degli importi ottenuti.
Come denunciare il lavoro in nero
Nel caso in cui un lavoratore voglia denunciare la condotta irregolare del datore è possibile aprire una richiesta di ispezione da parte dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di competenza. Per presentare la richiesta di intervento è necessario compilare un modulo (INL 31), reperibile sul sito dell’Ispettorato Nazionale di Lavoro.
Nel modulo andranno indicate le informazioni principali relative al rapporto di lavoro, tra cui i dati anagrafici del lavoratore, i dati del datore di lavoro, il periodo in cui si è svolto il lavoro irregolare, il luogo di lavoro, il soggetto che esercita e/o esercitava il potere direttivo/di controllo sul lavoro, modalità e misura della retribuzione ed eventuali testimoni.
Come “farsi pagare” per un lavoro in nero
Un lavoratore irregolare che vuole denunciare il mancato pagamento dei propri servizi deve compilare il modulo INL 31 menzionato nella sezione precedente, segnalando appunto la retribuzione ancora non corrisposta.
Oltre a ciò, è richiesto che il lavoratore presenti una denuncia di omissione contributiva presso l’INPS.
Prima di inoltrare una richiesta di ispezione è consigliabile trasmettere al datore di lavoro (tramite raccomandata A/R) un atto formale di messa in mora, avente per oggetto il pagamento della retribuzione mancante ed una richiesta di regolarizzazione contributiva.
L’atto dovrà essere inviato anche all’Ispettorato del Lavoro, insieme al già citato modulo INL 31.
Ovviamente, in queste situazioni è consigliabile rivolgersi ad uno studio legale o a dei consulenti del lavoro specializzati, in modo da poter ottenere dei pareri esperti in merito e procedere con le dovute accortezze.
Consulenze specializzate in mobbing e diritto del lavoro
Forniamo consulenza specializzata per aiutare lavoratori e datori di lavoro a rispettare e regolarizzare i rapporti di lavoro. Nello specifico, ci occupiamo di:
- verificare la presenza di un rapporto di lavoro in nero e delineare il quadro generale della situazione;
- suggerire i provvedimenti più utili per il cliente, volti alla risoluzione della controversia;
- supportare il cliente in eventuali fasi processuali;
- richiedere un risarcimento appropriato in caso di mancato pagamento.
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Nel caso fossi interessato a una consulenza, non esitare a contattarci.